Incontro per la pace a Bari. Mons. Raspanti: “Aprire spazi di dialogo nell’esercizio della collegialità“

Incontro per la pace a Bari. Mons. Raspanti: “Aprire spazi di dialogo nell’esercizio della collegialità“

Alla 73ª Assemblea Generale della Cei dello scorso maggio, il Santo Padre ha citato il documento della Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita…

Alla 73ª Assemblea Generale della Cei dello scorso maggio, il Santo Padre ha citato il documento della Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, laddove si delucida l’articolazione di sinodalità e collegialità: «Mentre il concetto di sinodalità richiama il coinvolgimento e la partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione della Chiesa, il concetto di collegialità precisa il significato teologico e la forma di esercizio del ministero dei Vescovi a servizio della Chiesa particolare affidata alla cura pastorale di ciascuno e nella comunione tra le Chiese particolari in seno all’unica e universale Chiesa di Cristo, mediante la comunione gerarchica del Collegio episcopale col Vescovo di Roma. La collegialità, pertanto, è la forma specifica in cui la sinodalità ecclesiale si manifesta e si realizza attraverso il ministero dei Vescovi sul livello della comunione tra le Chiese particolari in una regione e sul livello della comunione tra tutte le Chiese nella Chiesa universale. Ogni autentica manifestazione di sinodalità esige per sua natura l’esercizio del ministero collegiale dei Vescovi».

Il prossimo incontro di Bari è ben definito e illuminato da questa chiarificante spiegazione, autorevolmente ripresa dal Papa, che traduce lo spirito ecclesiologico della comunione, propugnato dal Concilio Vaticano II.

In modo specifico, per altro, tale incontro intende essere nel metodo e nei contenuti un esercizio di collegialità, in quanto vuol favorire la fraterna condivisione delle diverse sensibilità, ricchezze e fragilità delle Chiese in comunione con il Papa che si affacciano sul Mediterraneo, ma anche consentire di raffrontare le aspirazioni, i desideri e i progetti che esse nutrono per la volontà di seguire il Signore Gesù. Il Mediterraneo, infatti, pur non essendo un’unità geopolitica definita, come lo è un continente, costituisce da millenni un’unità culturale, per quanto complessa e spesso lacerata, percepita come tale dai popoli che la abitano. È auspicabile, dunque, che le Chiese mediterranee inizino a incontrarsi per affrontare la sfida/appello evangelico in atto in questo ampio bacino e, anche tramite il prossimo incontro, si avvii la creazione di un pensiero, di un linguaggio e di un metodo condivisi e comuni. Senza di ciò, ogni esercizio di collegialità potrebbe rimanere un proclama o un semplice auspicio.

A fondamento di eventuali azioni comuni tra le Chiese sta la traduzione umana concreta della comunione e della collegialità, che si manifesta nella comune capacità di comprendere e valutare gli accadimenti della storia per esprimere su di essi un discernimento evangelico. Questa comunanza non può darsi per scontata, bensì esige il porre in essere le condizioni per coltivare un dialogo fraterno, aperto e franco. Pur consapevoli dei limiti di un semplice incontro, seppur preparato a dovere, e della sua efficacia rispetto alla vastità e alla molteplicità dei fattori in gioco, il senso della cattolicità della fede spinge ad aprire spazi nei quali possano comunicare persone, gruppi e istituzioni, che altrimenti rimarrebbero isolati tra loro o sordi alle necessità dei popoli.

Già nella costruzione della griglia della conversazione e dello scambio i diversi vescovi intervengono liberamente, indicando priorità e sensibilità delle quali sono portatori.

Il dialogo riparte dall’ascolto comune del Vangelo di Gesù Cristo, dove risuona l’appello alla conversione per accogliere il Regno che si appressa. «Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga (cf. Mt 26,56) o la spada (cf. Mt 26,52) ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore». Queste parole del Santo Padre illuminano anche il percorso che desideriamo intraprendere tra le Chiese sorelle del Mediterraneo. La confessione del peccato, che divide e conduce alla morte, è il primo passo per tornare sempre di nuovo dietro il Signore e Maestro e chiedere di percorrere il cammino della sua Pasqua, che ha il cuore nel dono di sé.

S’intende facilmente, perciò, che l’incontro desidera primariamente offrire ai fratelli, pastori di altre Chiese, i tesori spirituali della propria tradizione ecclesiale, illustrando reciprocamente come la propria Chiesa particolare percepisce oggi la missione di annunciare il Regno e curare le ferite dell’umanità, come tenta di esser fedele ai comandi del Signore, particolarmente al comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amati. Prima dell’incontro barese i vescovi presentano sinteticamente un piccolo spaccato delle proprie Chiese in ordine alla vita di fede (incarnata nella vita affettiva e familiare, nello svolgimento del proprio lavoro nell’ampia piazza del sæculum, nella vita liturgica, nella struttura del credere, nell’insegnamento catechetico e nella condivisione fraterna, nel senso di appartenenza alla Chiesa), come pure in ordine ai rapporti di esse con gli altri credenti (cristiani o di altra religione), con la società e con lo Stato per affacciarsi durante la conversazione finale a proposte che riguardino la trasmissione della fede e l’impegno per la pace.

Dopo la raccolta di alcuni dati di base, tratteggianti il volto delle Chiese, che avverrà nei mesi precedenti l’incontro, la conversazione a Bari approfondirà qualcuno dei temi ecclesiali ritenuto necessario ai fini dell’annuncio evangelico.

 

Mons. Antonino Raspanti

Vescovo di Acireale

Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Presidente del Comitato organizzatore e scientifico dell’Incontro