Il testo dell’intervento del card. Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo e presidente della Conferenza Episcopale della Bosnia-Erzegovina, durante l’incontro con il Papa nella Basilica di San Nicola.
Santo Padre,
La saluto cordialmente e ringrazio tutti coloro che hanno dato il loro contributo
nell’organizzare questo incontro, specialmente la Conferenza Episcopale Italiana. Per noi Vescovi,
provenienti da Paesi dove i cattolici sono minoranza, questo «con-venire» è un segno visibile
dell’attenzione e della fraternità fra le Chiese del Mediterraneo. E oggi siamo felici di unirci a Lei
nell’Eucaristia in questa Città così ricca di storia e in una Regione, la Puglia, dove ritrovo anche le
mie radici.
Santo Padre, sono lieto di informarLa che, nei nostri lavori, abbiamo cercato modi per
realizzare la possibilità di mobilità, uguaglianza e libertà religiosa in tutti i Paesi del nostro
Mediterraneo. Come Pastori ci siamo fatti voce del dolore e della sofferenza delle nostre Chiese e dei
nostri popoli. Nel Mediterraneo nord-orientale, alla fine del XX secolo, abbiamo vissuto, in misura
maggiore o minore, un inverno di omicidi, distruzioni e persecuzioni. Ma non è primavera nemmeno
per il Nordafrica e il Medio Oriente, dove le Chiese sopportano ferite e sofferenze, sotto forma di
violenza, conflitti e divisioni di ogni tipo, causate in gran parte dai Paesi ricchi.
Santo Padre, a tutti noi è spezzato il cuore per la partenza di molti giovani, causata da guerre,
ingiustizie e miseria. Tuttavia, siamo confortati da quei ragazzi che restano, mostrando un coraggio
straordinario e un amore grande per il Paese e le persone con cui sono cresciuti. Siamo anche lieti di
vedere un alto numero di anziani, che credono profondamente che il presente e il futuro non siano
principalmente nelle mani dei potenti di questo mondo, ma in quelle di Dio. Come Vescovi di questi
Paesi siamo spesso tra i più forti sostenitori del dialogo, in termini di uguaglianza e amore per la
Chiesa locale e per il popolo.
Durante questo incontro non abbiamo parlato molto dello spirito di secolarismo e consumismo
che danneggia internamente l’anima dell’uomo e delle Chiese. Mi tornano alla memoria le parole di
un cardinale dell’Europa occidentale che, durante una visita a Sarajevo nelle difficili giornate della
guerra, mi disse: «Non so se è più difficile per te guardare queste chiese demolite o per me vedere le
chiese vendute perché molti cattolici non sentono più il desiderio di pregare». Il nemico, Santità,
vuole costantemente rappresentare la cultura della morte come cultura della vita e l’inverno come
primavera.
Siamo contenti che, durante queste giornate, abbiamo incontrato cuori disposti ad ascoltare,
pensare con noi e cercare insieme modi di cooperazione e sostegno. Abbiamo bisogno di sentirci
accompagnati e di essere sostenuti rispetto ai potenti, ai quali chiediamo di lavorare di più per
costruire la pace, il dialogo e la cooperazione. Sentiamo l’importanza di essere visitati dagli altri
Pastori nelle nostre Chiese e di aiutarci a trovare i modi per compiere la nostra missione in questo
mondo. Siamo lieti ogni volta che qualcuno visita le nostre Chiese e i nostri Paesi, dimostrando a tutti
che non siamo soli, ma abbiamo comunità «più grandi» e «più forti», che sono pronte a difenderci e
a riconoscerci in una relazione di comunione e fraternità.
Santo Padre, vorrei esprimere la nostra gratitudine perché siete venuto fra noi in questa
occasione. Grazie anche per aver visitato molte Chiese locali nei Paesi in cui, come cristiani, siamo
meno numerosi.
Grazie, Santo Padre! Saremo felici di pregare per Lei!